La questione dei diritti d’autore e delle parole protette ha avuto un impatto significativo su molti giochi di ruolo e videogiochi, incluso il mondo di Dungeons & Dragons.
Quando J.R.R. Tolkien pubblicò i suoi romanzi “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit”, introdusse il termine “hobbit” per descrivere una razza di creature simili agli umani, ma di dimensioni più ridotte e con caratteristiche peculiari come i piedi pelosi. Tuttavia, la parola “hobbit” è diventata una proprietà protetta, sotto il controllo degli eredi di Tolkien e della sua casa editrice.
Nel corso degli anni, diversi casi di uso non autorizzato di termini protetti hanno generato controversie legali. Un caso celebre coinvolse direttamente Dungeons & Dragons. Quando il gioco fu creato negli anni ’70, includeva diverse creature, razze e termini tratti dalla letteratura fantasy. Tuttavia, l’uso del termine “hobbit” all’interno del gioco causò problemi legali con la società detentrice dei diritti de “Il Signore degli Anelli”.
Per evitare tali dispute, la TSR, la casa editrice originale di Dungeons & Dragons, decise di rinominare le creature simili agli hobbit, adottando il termine “halfling”. Questa nuova definizione è stata utilizzata nelle edizioni successive del gioco per descrivere quella specifica razza, evitando così potenziali azioni legali legate alla proprietà intellettuale.
Un caso opposto riguarda il termine “Beholder”, una creatura originale creata dalla Wizards of the Coast (WotC), che non può essere utilizzata in altri giochi di ruolo senza il rischio di possibili controversie legali.